Moltitudine e Libertà

La rete dei poteri: la sovranità americana e il nuovo impero.

Casella di testo: (…) Tuttavia, l’utopia degli spazi aperti, che ha svolto un ruolo cosi importante nella prima fase della storia costituzionale americana, racchiudeva ingenuamente in sé una brutale forma di subordinazione. Il suolo del Nord America poteva essere immaginato come uno spazio vuoto ignorando deliberatamente l’esistenza dei nativi americani, oppure, considerandoli un diverso genere di esseri umani, una componente subumana dell’ambiente naturale. 
Cosi come la terra, per essere coltivata, doveva essere liberata dagli alberi, allo stesso modo doveva essere liberata dai nativi che la abitavano. 
Cosi come i pionieri dovevano proteggersi adeguatamente per fronteggiare i rigori degli inverni, allo stesso modo essi dovevano armarsi contro le popolazioni indigene. I nativi venivano considerati alla stregua di inconvenienti naturali e, cosi, vennero combattute continue guerre per espellerli e/o eliminarli. 
Questa era una contraddizione che non poteva essere assorbita nella macchina costituzionale: i nativi non potevano essere integrati nel movimento espansivo della frontiera come parte della tendenza costituzionale, dovevano invece essere spazzati via per sgombrare la terra e rendere possibile l’espansione. 
Se fossero stati riconosciuti, non ci sarebbe stata una vera e propria frontiera sul continente, né alcuno spazio libero da occupare. I nativi esistevano al di fuori della Costituzione come una fondazione negativa. In altri termini, la loro esclusione ed eliminazione costituivano le condizioni essenziali del funzionamento della stessa Costituzione. 
Questa contraddizione non può essere considerata come una crisi, dato che la drammatica esclusione dei nativi li poneva completamente al di fuori del funzionamento della macchina costituzionale. 
In questa prima fase, che va dalla fondazione della repubblica democratica sino alla Guerra Civile, la dinamica costituzionale entro in crisi a causa di una contraddizione interna. Mentre i nativi americani erano lasciati al di fuori della Costituzione, gli afroamericani erano stati integrati sin dall’inizio. 
La concezione della frontiera, insieme all’idea e alla pratica degli spazi aperti della democrazia, si intramavano con una serie di rappresentazioni del popolo, della moltitudine, della gens altrettanto aperte e dinamiche. Il popolo repubblicano è un popolo nuovo, un popolo in esodo, che popola nuovi territori che sono vuoti (o svuotati). Sin dall’inizio, lo spazio americano non era stato simboleggiato soltanto in termini estensivi, come un che di illimitato, ma anche in termini intensivi: lo spazio degli incroci, un melting pot di continue ibridazioni. La prima vera crisi della liberta americana si verificò in questa dimensione interna e intensiva. 
La schiavitù degli afroamericani, che era una pratica ereditata dal colonialismo, costituì una barriera insormontabile per la formazione di un popolo libero. La grande Costituzione anticoloniale americana doveva integrare nel suo stesso seno questa paradigmatica istituzione colonialista. 
I nativi dovevano essere esclusi poiché la nuova repubblica non dipendeva dal loro lavoro, ma il lavoro degli afroamericani era un sostegno fondamentale degli Stati Uniti: gli afroamericani dovevano essere inclusi nella Costituzione, ma non alla pari degli altri (Naturalmente, alle donne toccava una posizione simile). 
I costituzionalisti degli stati del Sud non avevano alcun problema nel sostenere che la Costituzione — nel suo momento dialettico, riflessivo e <<federalista» — permetteva e persino esigeva questa perversa interpretazione della divisione sociale del lavoro, che contrastava assolutamente con l'affermazione dell’uguaglianza formulata nella Dichiarazione di Indipendenza. 
La delicatezza di questa contraddizione fu espressa da un bizzarro compromesso, realizzatosi in occasione della redazione della Costituzione a cui si giunse in seguito a tortuosi negoziati: la popolazione afroamericana avrebbe effettivamente contato per determinare il numero degli eletti di ogni singolo stato alla Camera dei rappresentanti, ma ogni schiavo avrebbe contato solo come i tre quinti di un uomo libero. (Gli stati del Sud lottarono per aumentare il più possibile questa proporzione che avrebbe favorito la loro influenza nel Congresso, quelli del Nord per ridurla.) 
I costituzionalisti furono costretti a quantificare il valore costituzionale delle diverse razze. I redattori della Costituzione decisero quindi che il numero dei rappresentanti <<verrà determinato aggiungendo al numero complessivo degli uomini liberi — inclusi quelli sottoposti a prestazione di servizio per un periodo limitato ed esclusi gli Indiani non soggetti a imposte — i tre quinti del rimanente della popolazione». 
Un voto per i bianchi e nessuno per i nativi non rappresentavano un grande problema, ma il calcolo dei tre quinti di una persona era imbarazzante per una Costituzione. Gli afroamericani non potevano essere né completamente esclusi, né interamente inclusi. 
La schiavitù degli afroamericani era, paradossalmente, un’eccezione e, al tempo stesso, un fondamento della Costituzione. Questa contraddizione provocò la crisi del principio di sovranità americano poiché bloccava la libera circolazione, la mescolanza e l’uguaglianza che animavano la sua fondazione. 
La sovranità imperiale deve sempre superare le barriere e i confini, sia all’interno, sia all’esterno. Questo continuo superamento mantiene aperto lo spazio imperiale. Le enormi barriere interne che separavano i bianchi dai e neri, i liberi dagli schiavi, bloccavano la macchina dell’integrazione imperiale e sgonfiavano il pretesto ideologico degli spazi aperti.
Abramo Lincoln aveva certamente ragione di dire che, con la Guerra Civile, avrebbe rifondato la nazione. La controversia intorno al Quattordicesimo emendamento inauguro pin di un secolo di lotte  giuridiche intorno all’uguaglianza e ai diritti civili degli afroamericani. Inoltre il dibattito sulla schiavitù era inestricabilmente legato a quello sui nuovi territori. 
Era in gioco la ridefinizione dello spazio della nazione. All’ordine del giorno vi era la questione se il libero  esodo della moltitudine, unificata in una comunità eterogenea, poteva continuare per dare vita a una nuova configurazione dello spazio pubblico. 
Per creare un popolo libero dai vecchi retaggi, caratterizzato da un’etica della costituzione e espansione della comunità, la nuova democrazia doveva distruggere 1’idea trascendentale di nazione con tutte le sue divisioni razziali. La nuova nazione non poteva che essere il prodotto della gestione politica e culturale di identità ibride.


M.Hardt – A.Negri : Impero.
Potenza contro potere - Libertà contro comando - Valore d'uso contro valore di scambio