Moltitudine e Libertà

La lotta della moltitudine contro il debito finanziario.

Casella di testo: LA POTENZA COSTITUENTE DELLA MOLTITUDINE CONTRO IL DEBITO IMPOSTO DAL CAPITALE FINANZIARIO.

	Il debito rappresenta la nuova forma di sudditanza creata dal capitale finanziario. Essere indebitati è diventata la condizione generale della vita sociale. Nell’era postmoderna caratterizzata dalla produzione biopolitica, e dalla sussunzione reale di tutta la società nel capitale, lo sfruttamento assume la forma del debito.
	
	Nella società mercantile vigeva il mito del libero scambio di merci: c’era il detentore del capitale ed il detentore della forza lavoro che veniva acquistata  sul mercato. La regola era “libertà”, “uguaglianza” e libera circolazione delle merci. 	Quanto fosse mistificato tale scambio è noto: l’attività del lavoratore si divideva nel tempo necessario a riprodurre il salario che gli veniva dato in cambio (lavoro  necessario) e nel pluslavoro, lavoro non retribuito, che creava profitto. Il meccanismo era mistificato dalla natura della merce forza-lavoro e riassunto  dalla moneta. 
	“L’operaio aliena la sua capacità di lavoro, la sua forza creativa, che viene sussunta dal capitale sotto la parvenza di  un rapporto  di scambio eguale: nel processo produttivo il capitale mette in uso quest aforza produttiva per sé e la paga ad un rezzo indipendente dal risultao dell’attività produttiva”.
	
	Oggi invece il capitale finanziario sfrutta tuta la società, tutto il lavoro cognitivo e biopolitico, tutto il tempo. La vita stessa è messa al lavoro.
	In tal modo la finanza emerge come unica possibilità di sfruttare, di gerarchizzare lo sfruttamento. E’ la totalità della produzione sociale che viene controllata e resa produttiva.. La moneta ha la capacità di sfruttare questa  totalità della produzione sociale, sia materiale che biopolitica, di sfruttare la vita stessa.
	
	Nell’epoca industriale si avevano da un lato la forza-lavoro, il capitale variabile, dall’altro il capitale costante. Il capitale costante dominava quello variabile come capacità di organizzazione produttiva.  
	Oggi la circolazione generale sul debito sostituisce lo scambio eguale. Il 99% della popolazione deve lavoro, deve denaro, deve obbedienza al restante 1 %.
	
	La realtà è mistificata dal debito. Dalla mistificazione del debito del salario, ove il lavoratore era soggetto al debito del salario, ovvero a lavorare quel tanto che era necessario a riprodurre il salario e il pluslavoro, si è passati alla situazione attuale, all’indebitamento perpetuo, poiché la produttività si identifica con il tempo della vita ed anche la produzione immateriale e biopolitica viene valorizzata: viene valorizzato, ed è fonte di profitto,  il tempo trascorso fuori dalla fabbrica, a casa, davanti al televisore o su internet.
	
	Oggi siamo di fronte ad una seconda  “accumulazione originaria”. Nella prima, nel XVII secolo, il lavoratore scacciato dalle campagne e mediante l’impoverimento, veniva costretto a trasferirsi in nelle città ed a  vendere la sua forza lavoro nelle fabbriche. Oggi mediante il debito viene schiavizzato, con la differenza che allora le parti erano nettamente divise tra il capitalista,  detentore del capitale costante e il proletario, detentore del capitale variabile, della forza lavoro. 
	Nell’era postmoderna invece il lavoratore indebitato, in quanto indebitato, è parte egli stesso del capitale costante, è egli stesso uno strumento di produzione, ed è costretto a lavorare per pagare un debito che non avrà mai fine. Il capitale finanziario sul debito crea degli individui, dei soggetti, già  indebitati all’origine, loro malgrado, e  costretti a lavorare per tutta la vita.

	Non c’è alcun modo di migliorare la propria condizione. Il debito sfugge anche alla dialettica del lavoro, al concetto hegeliano servo-padrone, alla teoria di una superiore sintesi nella quale mediante il lavoro il soggetto poteva riscattarsi.
	Non c’è alcuna  possibilità di riappropriarsi del debito. Il debito può essere soltanto distrutto. Il debito peggiora costantemente le condizioni dell’indebitato e determina le sue scelte di vita, presenti e future.
	
	All’etica del lavoro, che proveniva dall’interno dell’individuo,  si sostituisce la morale del debito che si trasforma in coercizione a lavorare infinitamente 
	Soltanto la consapevolezza e la presa di coscienza del “debito sociale”, di quanto sfruttamento e miseria il capitale finanziario sta causando all’intera società può interrompere e cambiare la situazione. E’ infinitamente più grande il debito del capitale finanziario nei confronti della società che quello degli individui nei confronti di esso.
	Rifiutarsi di pagare il debito è costituente ed ontologico. Non pagare il debito non significa rompere tutti i rapporti sociali secondo la falsa morale del capitale finanziario, ma crearne di nuovi, basati sulla cooperazione e sull’interdipendenza produttiva  dei singoli soggetti che fanno parte della moltitudine.
Cooperazione ed interdipendenza sono la base del “comune”. 
	La volontà dei soggetti che lottano e rifiutano la morale del capitale finanziario è affermare il positivo, è un impulso ad affermare il “pieno”, a creare nuovi rapporti sociali positivi e democratici. E’ la negazione dell’attuale forma di rappresentanza che impedisce la gestione democratica e discrimina i soggetti in base al debito.

NON VOGLIAMO PAGARE I DEBITI – RIFIUTIAMO DI ESSERE ESPULSI DALLE NOSTRE CASE – VOGLIAMO RIAPPROPRIARCI DELLA VOSTRA/NOSTRA RICCHEZZA.
Potenza contro potere - Libertà contro comando - Valore d'uso contro valore di scambio